Emergenza Covid19: donne ancora lontane dai luoghi decisionali

L’emergenza COVID-19 ha fatto emergere con evidenza che la questione di genere in Italia sconta un ritardo cronico, sollevato nel silenzio gravissimo dell’ultima conferenza stampa del premier Conte che ha annunciato le nuove misure riguardanti i prossimi passaggi per il nostro Paese. 

Come in epoca di guerra, le donne sono state e continuano a essere in prima linea come operatrici nel sistema sanitario, come cassiere nella grande distribuzione alimentare, come insegnanti riconvertite velocemente alla didattica digitale. Al tempo stesso, sono state tenute fuori da ogni luogo di presa di decisione in modo ancora più evidente rispetto al solito. Altrove, da uomini perlopiù, venivano presi provvedimenti senza tenere conto di tutte le limitazioni che già di norma caratterizzano la condizione di svantaggio sociale rispetto ai loro compagni, mariti, fratelli, colleghi… Se già prima dell’inizio dell’emergenza vivevano un evidente sovraccarico nella gestione dei compiti familiari, dato questo correlato alla difficoltà maggiore di avere o mantenere un impiego, fare carriera e avere una retribuzione uguale a quella degli uomini, oggi le donne sono ancora più schiacciate tra le responsabilità di cura e le necessità del lavoro, se lo hanno e lo conservano, con il timore di dovere, a breve, affrontare senza strumenti e anzi ancora più zavorrate, la conciliazione tra necessità familiari e lavoro. 

Serpeggia pur non esplicitato, l’assunto per cui saranno loro anche nella “fase 2” ad accollarsi l’onere di sostituirsi a un welfare che non si è modernizzato negli anni e che ha lasciate non presidiate molte questioni legate specialmente alla cura. Un esempio lampante è il modo in cui è stato affrontato fino ad ora il tema della chiusura delle scuole insieme al prolungato confinamento delle persone anziane, quei nonni senza i quali le donne italiane ancora meno avrebbero potuto fare al di fuori delle loro case. Uno scenario davvero anacronistico rispetto all’epoca di benessere in cui ci siamo fino ad ora trovati. 

Non possiamo permettere che l’emergenza sanitaria rinchiuda nuovamente le donne in casa, dopo anni di impegno perché potessero contribuire in modo attivo anche per una più ampia collettività, mettendo a disposizione le proprie competenze e il proprio impegno non solo come angeli del focolare.

Non possiamo stare in silenzio. Non possiamo stare ferme. Non possiamo stare solo chiuse in casa

È nostro dovere e non solo nostro diritto dare il nostro contributo. La modernizzazione del nostro Paese passa anche attraverso l’impegno che le donne possono e debbono profondere in questa fase.

Vogliamo chiudere riportando quanto scrive l’Ente delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere: “i decisori politici devono prestare attenzione a quello che sta succedendo nelle case della gente e supportare l’equa divisione del carico della cura tra uomo e donna. Abbiamo la grande opportunità di “de-stereotipizzare” i ruoli di genere che si inscenano in famiglia in molte parti del mondo”. Messaggio rincarato in un documento della Commissione europea che sottolinea il fondamentale ruolo giocato dagli uomini che devono “essere incoraggiati a vedere la possibilità di lavorare da casa come un’opportunità di raggiungere un migliore equilibrio vita-lavoro, di sostenere una più equa suddivisione tra lavoro pagato e non pagato”. La parità di genere non è solo una questione delle donne, ma è un vantaggio per tutta la società.

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